Molte scuole stanno abolendo i voti, alcune pure la pagella del primo quadrimestre.
Mettono troppa ansia, dicono professori e presidi alle prese con ragazzi sempre più fragili, insicuri, incapaci di affrontare una sconfitta, foss’anche un brutto voto perché non hanno studiato.
E così, invece di incentivare a dare il meglio di sé, a credere nelle proprie capacità, invece di instillare la forza per superare gli inciampi, che si fa? Si assecondano debolezze, paure, a volte poca voglia di studiare.
Perché un 3, un 4 o un 5 sono mortificanti, e quindi basta scrivere che la verifica è insufficiente. Non importa di quanto, dicono i sostenitori di questa scuola sempre meno meritocratica e sempre più egualitaria. E invece importa, eccome. Perché un conto è lasciare il foglio in bianco, un altro è completare almeno in parte il compito in classe. Un conto è non aprire bocca durante un’interrogazione, un altro è rispondere con alcune incertezze ed errori, magari legati all’”ansia da prestazione”.
Livellare sempre tutto, eliminare le sfumature per evitare di mortificare chi va peggio, magari semplicemente perché non studia e fa il lavativo, è un errore gravissimo, che incentiva a fare sempre meno e disincentiva l’impegno e la forgiatura del carattere. Che passa anche attraverso sonore batoste. Come un 3 scritto su un foglio lasciato in bianco.
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