Sono passate poche ore dall'ennesima triste notizia di una morte sul lavoro: un autista, in attesa di scaricare nel polo logistico di Biandrate, è deceduto; dicono per cause naturali, si presume infarto. Analizzando la cosa, oltre ad essere tristi e scioccati per la brutta notizia, mi domando come sia possibile che un uomo di 63 anni faccia ancora una vita così disagiata per poter portare a casa quei pochi soldi che gli permettano di campare e far campare dignitosamente la sua famiglia. Il mondo del trasporto vede, molto spesso, tragedie di ogni tipo, ma ahimé le morti dovute a cause naturali sono sempre più frequenti: ore di strada, ore di attesa nei parcheggi assieme a tante altre ingiustizie fanno da carburante a rabbia e stress. Questo mondo è una bomba pronta ad esplodere in qualunque momento con notizie tragiche, ma la domanda che, più di altre, mi pongo è perché un uomo di 63 anni, che dovrebbe essere in pensione per potersi godere i pochi anni che gli rimangono, debba ancora sopportare tutto questo.
L'autista si trova molto spesso da solo, lontano da casa, sabato e domenica fermo negli autogrill, poco importa la sua provenienza, questo è un destino tante volte inevitabile visto il totale caos che gira attorno alla logistica in generale. Aggiungiamo, inoltre, la disorganizzazione della categoria, ore e ore di attesa nei parcheggi delle ditte ad aspettare il proprio turno, servizi igienici fatiscenti, spesso costretti ad espletare i propri bisogni nei parcheggi stessi. Per tutti questi motivi esorto le nuove generazioni a non intraprendere la professione di autista, un lavoro senza futuro, visto che per loro non siamo persone ma schiavi, la pensione forse arriverà ma nuovi autisti ce ne saranno ancora?
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